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  • Il cortile di Palazzo Pfanner pare costruito per ospitare spettacoli, con la sua scalinata da teatro e l’atrio dal soffitto a volta che sfuma in lontananza nella piacevole vista di un fresco giardino verdeggiante

    André Suarès (1868-1948)

Palazzo

scalone.ea892f14b1In un’atmosfera barocca, a pochi passi dalle Mura cinquecentesche e dagli austeri palazzi medievali di Lucca, si erge Palazzo Pfanner.

La sua costruzione fu avviata nel 1660 dai Moriconi, famiglia di mercanti della seta e membri dell’antico patriziato lucchese. In seguito a un imprevisto rovescio finanziario, i Moriconi furono costretti a vendere l’immobile nel 1680.

Ai Moriconi subentrarono i Controni, i quali, acquisito pochi anni prima il titolo nobiliare, vollero celebrare le proprie conquiste sociali provvedendo alla ristrutturazione e all’ampliamento del Palazzo.

I Controni si affidarono con ogni probabilità all’architetto lucchese Domenico Martinelli (1650-1718) per la realizzazione del maestoso scalone monumentale (completato intorno al 1686) e all’architetto messinese Filippo Juvarra (1678-1736) per la riqualificazione del giardino.

Lo scalone in pietra serena, sulle cui volte risplendono i dipinti primo-settecenteschi attribuiti a Bartolomeo De Santi (1687-1764) e Lorenzo Castellotti (fl. 1730-1750), introduce nell’ampio salone centrale del Palazzo.

Sulle pareti del salone si possono ammirare i pregevoli affreschi eseguiti, verso il 1720, da Pietro Paolo Scorsini (1658-1731), elaborati secondo i dettami della corrente pittorica ‘quadraturista’. Il ‘quadraturismo’, in voga a Lucca a partire dall’ultimo decennio del Seicento, si distingueva per la sua volontà di proporre un’illusoria amplificazione degli spazi mediante l’utilizzo di elementi architettonici dipinti in prospettiva.

Attigue al salone centrale si aprono un salottino da thè, una camera da letto, una sala da pranzo e una cucina storica, stanze arredate con mobili antichi, suppellettili d’epoca e oggetti sacri. È in queste stanze che ebbe luogo, nel 1692, la tormentata storia d’amore tra il Principe Federico di Danimarca, futuro Re Federico IV di Danimarca e Norvegia (1671-1730), e la nobildonna lucchese Maria Maddalena Trenta.

Fino alla seconda metà dell’Ottocento il Palazzo rimase di proprietà della famiglia Controni, la quale, per sopperire alle proprie difficoltà economiche, decise da ultimo di affittarne parte delle sale alle Scuole di Mutuo Insegnamento e alla Corte d’Assise.

La vicenda della famiglia Pfanner s’intreccia con la secolare storia del Palazzo verso la metà dell’Ottocento. È nel 1846 che Felix Pfanner (1818-1892) produttore di birra nativo di Hörbranz sul Lago di Costanza (Austria), ma di famiglia bavarese, entrò in contatto con la famiglia Controni. Giunto a Lucca in seguito a un decreto del 1845 con cui il Duca di Lucca, Carlo Lodovico di Borbone, aveva fatto richiesta per sé e per la città di «un abile fabbricatore tedesco di birra», Felix decise di prendere in affitto dai Controni il giardino e le cantine del Palazzo per collocarvi i macchinari e l’attrezzatura necessari a produrre la bevanda. Con il passare del tempo, grazie ai proventi ricavati dal suo birrificio, Felix fu in grado di acquistare l’intero Palazzo, il quale prese il suo nome e divenne sede ufficiale della birreria Pfanner. Prima fabbrica di birra del Ducato di Lucca e una tra le prime in Italia, la birreria Pfanner diventò un importante punto d’incontro per tutti i lucchesi e i forestieri. Dopo decenni di attività, la birreria chiuse nel 1929.

Il Palazzo è tuttora di proprietà della famiglia Pfanner che qui vi abita e che nel corso degli anni ha provveduto alla sua valorizzazione attraverso l’apertura al pubblico e l’organizzazione di eventi.

Nel salone centrale del Palazzo è presente un’esposizione permanente di strumenti medico-chirurgici e antichi testi di medicina appartenuti a Pietro Pfanner (1864-1935), chirurgo, filantropo e sindaco di Lucca dal 1920 al 1922.

Alla celebrità di Palazzo Pfanner hanno senz’altro contribuito anche tre film qui girati: Arrivano i bersaglieri di Luigi Magni (1980), Il marchese del Grillo di Mario Monicelli (1981) e Ritratto di Signora di Jane Campion (1996).